STORIA
“La sagra non è solo Sòrel, vino e bresaola, è tutto questo e altro ancora! È gente riunita insieme per bere, mangiare, cantare e divertirsi riscoprendo e tramandando la cultura locale del crotto.”
Nel 1929, quando la cultura del crotto era già in piena fioritura, il poeta chiavennasco Giovanni Bertacchi scrisse: “Anche i crotti, delizia degli enofili e terrore per gli astemi, disseminati per il Mandamento a gruppi, a nidiate, a filari, o appartati come eremiti, tra il nero del sasso e il verde delle viti e dei boschi, anche i crotti, sacri alle agapi domestiche e alle libazioni amichevoli, nei quali, come immani casse armoniche, si accordano, o allegri o patetici, i cori delle nostre convalli, rivelano a chi bene li mediti un loro senso più ideale e più alto…”. Si può capire come il crotto sia sempre stato un elemento fondamentale nella vita delle comunità della Valchiavenna e abbia integrato sia la cultura collettiva che i comportamenti sociali dei convalligiani.
Il vero crotto non è una comune cantina perché ha un elemento che lo contraddistingue: il “sorel” (dal dialettale “sorà”, ventilare), cioè uno spiraglio naturale tra le rocce da cui soffia una corrente d’aria che mantiene in ogni stagione la temperatura pressoché costante, tra i 4 e gli 8 gradi sopra lo zero, risultando così fresca d’estate e tiepida d’inverno; si è formato dall’addossarsi dei macigni precipitati dai fianchi delle montagne a causa delle frane post-glaciali, fenomeno fisico ancora in fase di studi e soggetto di numerosi volumi.
Il nome crotto invece si fa derivare da “crypta” in latino o dal medievale “crota”, cioè grotta. Venne sfruttato come un vero e proprio “frigorifero a costo zero” costruendo una parete e rinchiudendo il sorèl, dove mettere il vino, i salumi, a cominciare dalla Brisaola che è nata in Valchiavenna, e i formaggi a maturare; all’esterno invece, tra prati e rocce, furono ricavati rustici tavoli e panche dove ritrovarsi e stare in compagnia. Il tutto è nato a dimensione familiare allargato solo a parenti, ospiti e amici; solo da circa un secolo si è iniziato ad aprire qualche crotto al pubblico come osteria-ristorante dove vengono proposti menù tipici locali.
Nel 1956 nacque la Sagra dei Crotti che, dopo una pausa dal 1961 al 1965 fu ripresa e continua tuttora; si svolge durante i primi due weekend di settembre e si tratta di una manifestazione voluta per valorizzare, far conoscere e tramandare la tradizione del crotto. In questa occasione anche molti crotti privati vengono aperti e gestiti da consorzi, associazioni sportive e di volontariato finanziando così con i proventi le loro attività; alcuni sono inseriti nei percorsi enogastronomici “andèm a cròt” iniziativa che si ispira al percorso del gusto delle città slow, mentre altri possono essere frequentati come normali ristoranti che offrono menù tipici locali. Il motto di questa importante manifestazione che attira numerosi turisti è: “Si vende vino buono e si tiene scola de umanità” (frase scritta del 1781 ritrovata nel crotto Giovanantoni a San Giovanni in Chiavenna).
La sagra non è solo Sòrel, vino e bresaola, è tutto questo e altro ancora! È gente riunita insieme per bere, mangiare, cantare e divertirsi riscoprendo e tramandando la cultura locale del crotto.